Ogni giorno lascio delle briciole sul balcone per veder tornare un uccellino che viene a sfamarsi durante l’inverno. Quando lo vedo arrivare resto ferma per non farlo scappare. È un po’ una roba da Biancaneve, cosa che io non sono affatto, però a forza di passare le ore a casa lavorando come brand strategist e content writer freelance, altre forme di vita assumono inaspettatamente importanza.
Lo scorso anno ho partecipato come docente ad un workshop formativo sullo storytelling e, come mi capita spesso di osservare, insegnare è sempre un’ottima opportunità per imparare.
Per preparare quell’intervento mi sono messa nei panni dei corsisti ed ho immaginato che quelle persone avrebbero avuto in testa una domanda molto banale, ma necessaria: a cosa mi serve lo storytelling?
Ho deciso di utilizzare questo blog per rispondere a tutti coloro che, là fuori, si stanno ponendo questa stessa domanda. Tu te lo sei mai chiesto?
Partiamo dall’inizio: cos’è lo storytelling?
Lo storytelling non è solo il racconto di una bella storia, a quello pensano soprattutto gli artisti.
Nel marketing lo storytelling è un processo che permette di creare un sistema di significati che diano senso e valore al brand.
Il racconto è lo strumento che utilizziamo per dare senso alle esperienze che il nostro brand, prodotto o servizio hanno da offrire.
Gli esseri umani hanno imparato attraverso la loro lunga, lunghissima, evoluzione, che non è la razionalità a convincerli. Non facciamo, non abbiamo mai fatto e, con tutta probabilità, mai faremo delle scelte basate sulla razionalità. Facciamo senz’altro affidamento su di lei in molte occasioni, ci rivolgeremo a questo lato del nostro cervello per farci delle domande, per capire, per analizzare, ma non è lei a guidare le nostre scelte, soprattutto quando si tratta di scelte di acquisto.
Sono le emozioni a comandare e non perché siamo “emotivi” (ahimé quante volte si usa questa parola per tacciare qualcuno di debolezza!), ma perché le emozioni hanno radici profonde in quello che possiamo semplicemente definire “spirito di sopravvivenza”.
Quello che scatta nell’area primordiale del nostro cervello è la preoccupazione di mantenerci in vita e farlo nel modo migliore possibile. Una volta risolte le esigenze di base (casa, cibo, sicurezza, salute, lavoro), iniziamo a chiederci cosa ci può far stare meglio.
Come posso migliorare la mia qualità della vita? Come posso raggiungere i miei obiettivi? Come posso realizzare i miei sogni? Come posso sentirmi più – felice, amato, compreso, stimato, affermato – …?
Come dice Lisa Corn nel suo saggio “Story or die”: “le storie sono state più cruciali per la nostra evoluzione dei tanti venerati pollici opponibili. Tutto ciò che i nostri pollici fanno è permetterci di aggrapparci a qualcosa. Le storie ci dicono a cosa aggrapparci.”
Questo spiega perché raccontare vantaggi e benefici di un prodotto non basta per rispondere a queste domande, che apparentemente non hanno nulla a che vedere con il nostro business, ma sono quelle a cui dobbiamo rispondere per – permettetemi il termine – rassicurare il nostro spirito di sopravvivenza.
E come si rassicura lo spirito di sopravvivenza? Come si è sempre fatto: attraverso le storie.
Ecco, a cosa ti serve fare storytelling.
Lo storytelling crea un mondo dentro cui raccontiamo la nostra identità e che chiediamo ad altre persone di popolare. In questo mondo mettiamo i nostri valori, i nostri strumenti, i nostri obiettivi, la nostra conoscenza, immaginazione, memoria, ecc. Attraverso lo storytelling creiamo un senso per tutto questo e lo rendiamo comprensibile, affinché gli altri si riconoscano in questo mondo e desiderino farne parte.
Un’azienda che produce biscotti non ti dice quante uova mette in ogni biscotto o merendina, ti racconta che, grazie ai suoi prodotti, costruirai una famiglia felice che si riunisce intorno alla tavola per fare colazione piena di entusiasmo. Rispondendo così al bisogno di famiglia, affetto, sicurezza.
Un produttore di orologi non ti dice che arriverai in orario agli appuntamenti, ma che gli altri ti aspetteranno perché tu, che indossi quell’orologio, vali il loro tempo (Ok questa non credo l’abbiano mai fatta, però non è male…potrebbero prendere spunto). Questa narrazione risponde al bisogno di affermazione sociale.
Affinché una storia funzioni è fondamentale che racconti i bisogni profondi di chi vogliamo coinvolgere. Se il pubblico dell’azienda di biscotti di prima fosse particolarmente attento all’allevamento delle galline, allora probabilmente il brand parlerà delle uova che utilizza e di come provengano da galline che vanno ogni giorno al centro benessere (così, per dire).
Ma come si fa a sapere se la storia che andiamo a raccontare è quella giusta per il nostro pubblico? Beh, questa è un’altra storia, magari ve la racconto la prossima volta.
Intanto l’uccellino è tornato ed ha portato i suoi amici. Fallo anche tu, condividi questo blog e porta i tuoi amici sulla mia pagina Instagram @creaturacontenta. Dillo alla tua tribù.
P.S. Le immagini sono state generate dall’intelligenza artificiale.