Mi capita spesso di perdere degli oggetti, elastici per capelli e burro di cacao in particolar modo, che restano nelle tasche di cappotti, borse e jeans. Devo dire che è da parecchio che non ho idea di dove siano finiti gli occhiali da sole; con gli ombrelli cerco di stare attenta perché basta un attimo a dimenticare che esistono. L’ultima cosa che “ho perso” è stata questo sito, ma per fortuna abbiamo recuperato tutto (fiuuuuu!).
Insomma, probabilmente sapete cosa intendo quando dico che è facile perdere di vista qualcosa pensando che prima o poi la ritroveremo; ma cosa succede quando quello che perdiamo di vista è il nostro pubblico?
Nell’articolo precedente, in cui parlavo di storytelling, ho fatto riferimento proprio all’importanza di raccontare la storia giusta per il nostro pubblico di riferimento, che in marketing viene chiamato target o audience (io preferisco audience, mi piace immaginarlo più come una platea che come un bersaglio).
Cosa significa che una storia deve essere “giusta” per il mio pubblico?
Probabilmente non racconteresti ad un bambino una storia splatter per farlo addormentare, così come non cercheresti di comunicare in giapponese con una persona di 85 anni nata e cresciuta in Abruzzo (per dire una regione a caso).
Quando comunichiamo o raccontiamo una storia la prima cosa che desideriamo è essere capiti, la seconda è raggiungere un obiettivo (che so, far dormire il bambino serenamente).
Affinché la storia, ed il modo di raccontarla, siano davvero efficaci occorre che siano tarate sul pubblico che la ascolterà. È qui che entra in gioco lo studio del tuo pubblico, o meglio ancora delle tue buyer personas.
Chi è che sceglierebbe te fra tanti, che si riconosce nei tuoi valori, vuole essere un membro della tua community, vuole acquistare da te e farti conoscere ai suoi simili?
Come si sente il tuo o la tua cliente ideale? Come vorresti che si sentisse dopo aver vissuto la tua esperienza di brand?
Queste sono tutte domande che ci aiutano a mettere a fuoco l’identità della persona che vuoi raggiungere, perché la platea non è immaginaria, è fatta di persone e le persone hanno caratteristiche e abitudini molto precise, più riuscirai a comprenderle e più sarà facile che la tua comunicazione le coinvolga.
Ecco altre 3 domande utili per cominciare a definire il profilo delle tue buyer personas:
- Qual è l’obiettivo che si pone?
- Quale aiuto o informazione puoi dare per aiutarle a raggiungere il loro obiettivo?
- Quali sono le obiezioni più frequenti che ti fanno o che ti potrebbero fare?
Come si delineano le buyer personas?
Le buyer personas sono l’identikit di una tipologia di clienti che riteniamo possano relazionarsi con il nostro brand e interessarsi ai nostri prodotti o servizi per risolvere un problema o avverare un sogno.
Per delineare i tratti di queste persone ideali (ma realistiche) mettiamo insieme informazioni personali (dati demografici): come età, genere, zona geografica, livello culturale, reddito, stato di famiglia, ecc.
Ma non basta, questi dati restringono il campo, ma noi vogliamo saperne di più. Pensiamo allora a personalità, valori, pregiudizi, stile di vita, interesse (dati psicografici). Chiediamoci quali sono i loro bisogni, gli obiettivi, le paure, i desideri, il criterio di acquisto.
Più informazioni raccogliamo più abbiamo un ritratto definito del nostro cliente ideale, rendendolo umano. A quel punto non penseremo di raccontarci “a qualcuno” a caso, ma ci rivolgeremo a questa persona qui, specifica, adattando il nostro racconto e linguaggio per incantarla.
Ho iniziato a scrivere un nuovo romanzo e prima ancora di buttarmi a capofitto nelle pagine bianche faccio un lavoro preparatorio. Creo delle schede dei personaggi. Mi appunto cose di loro che probabilmente non emergeranno mai nel romanzo, ma che sono fondamentali PER ME, per capire come agiscono, come pensano, cosa determina le loro insicurezze, cosa li tiene svegli la notte, a cosa aspirano. Me li rende umani.
Ecco, possiamo permetterci di perdere un sacco di cose, ma facciamo attenzione a non perdere di vista gli eroi della nostra storia. Perché sì, i tuoi clienti sono gli eroi della tua storia, non il tuo brand.
Ma questa è un’altra storia…